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Visualizzazione dei post da giugno, 2017

un sorriso

il primo sentimento dovrebbe essere la rabbia. poi lo sconforto, la tristezza. accompagnati dalla speranza. io non ho provato niente. nella mia testa non passava un pensiero che fosse uno. solo uno strano ottundimento del sensorio, uno stato stuporoso, un modo ovattato di fare le cose. non riuscire a piangere. non riuscire a pregare. non avere che poche parole scambiate via sms, coincise, quasi fredde. sono otto giorni che respira con un tubo in gola, otto giorni in cui la sua mamma è devastata al punto di sembrare pazza, che i suoi nonni hanno perso la testa. otto giorni in cui suo padre è di marmo. suo padre. il mio fratello-cugino. chiuso nel suo dolore in una stanza di ospedale. a tenere la mano del suo bambino. una stanza è troppo piccola per contenere tutto questo dolore. troppo fragili le pareti, troppo sottili i vetri. e aspetti che tutto imploda, che il mondo si fermi, e non sai come fare a scendere, e a spingere, perchè il mondo deve andare avanti, deve girare..

palla fibrosa

accade che quella telefonata arrivi. accade che il tono della voce dall'altro capo del filo sia basso, e strozzato. accade che la frase inizi con "ti devo dare una brutta notizia". pensi al tuo vecchio papà. a S., principessa malata. e pensi che lo sapevi che questa cazzo di telefonata sarebbe arrivata, che devi essere forte, che forse sarà un bene. ma non sai, non immagini. non puoi sapere che in un ospedale lontano un dottore illuminato ha proposto una risonanza magnetica per un bimbo all'apparenza sano, chissà cosa è scattato in quel dottore, chissà cosa di quel bimbo dagli occhi scuri non gli ha fatto dire di tornare a casa, lui e i suoi paranoici genitori. chissà. non puoi sapere. da medico immagini il brivido nel leggere il risultato, quella scarica di adrenalina  di quando hai azzaccato una diagnosi. hai ragione, signor dottore. il passo in sala operatoria è breve, l'operazione sarà lunga. aprire una piccola testa, tagliare i riccioli bruni, t