PREMESSA: questo è un post luuuungo.
Cap. I:
Sabato mattina partiamo alla volta di Roma io, il nano, il Tu e nonnippo. Siamo carichi come il circo di Moira Orfei e totalmente privi del suo pachidermico entusiasmo.
Il tempo è bello, arriviamo in sole 6 ore. Ci accolgono gli zii Architetti, la zia Pulce e Nonna in blue jeans, che rapisce il nano e della figlia gravida se ne frega altamente. Serata a Trastevere, in localino tipico dove la nausea mi divora, il nano sclera e il Tu annuncia la lieta novella al resto del mondo (e per fortuna nessuno ha pensato che fosse uno scherzo). Torniamo a casa.
Ore 5.30. Mi sveglio: scappo in bagno e...come dire? converso con lui per mezzora. Poi lo sento arrivare.. lento, freddo... riesco a cacciare un "Mamma, chiama il Tu..." prima di stendermi tra wc e bidet(!!). Mi riprende mamma e mi fa "ma perchè non sei a letto?" e io la sbatto fuori dal bagno, ri"converso col wc" e faccio quattro passi..."CHIAMA IL TU" e risvengo. Mi ritrovo sul letto, vicino al nano che russa, pallida come un morto e fredda di conseguenza. Poi arriva un sonno benefico e ristoratore e io, riconoscente, crollo.
Domenica di Pasqua piove piove e piove, distruggendo i fantasctici sogni di bioparchi, caravaggi et similia. Io mangiuchio metà del pranzo, e dopo due ore lo "gomito" assieme alla cena della sera prima, alla colazione e a un pezzettino di cioccolata che mi ha infilato in bocca il Nano. Arriva la sera che sono una larva... e giustamente la famiglia fa "USCIAMOCHENONPIOVEPIU?" e allora via a vedere piazza Navona, Piazza di Spagna e la fontana di Trevi (che non vorrei dire, sono le tre cose che uno che è venuta a Roma già tre volte ha sicuramnete visto). Accecata dalla fame, mi concedo una brioche triste e vuota, in un universo di pizzette, gelati e dolcini. Fa un freddo boia e il nano si becca un bel raffreddore. Poi è solo il sonno.
Lunedì di Pasquetta: si torna a casa, non senza aver fatto un altro giro in macchina della città eterna. Nel viaggio di ritorno facciamo quattro cinque soste-deviazioni, con un nano che tossisce disperato in sottofondo. Arriviamo a Bari. Grazie a Dio la vacanza romana è finita.
Cap.II. Paura
Mi sveglio. Mi sento stanca, strana, ho la testa pesante e sono sudata. Bofonchio al Tu "caffè" perchè non ho la forza di alzarmi. Nonna in blue jeans prende il nano e gli da il biberon...e poi è il panico. Scosto il lenzuolo e vedo una macchia scura, rossa che prende il mio pigiama e le mie gambe.
La mia faccia non fa una piega. "Mamma chiama il Tu, per favore"
Lui arriva, e io sono già mezza vestita con un pigiama pulito in mano e gli indico il letto con la mano libera. Voliamo in ospedale. Non grido, non mi faccio prendere dal panico, ma ho quella lucidità estrema di chi sa che potrebbe ricevere una mazzata da un momento all'altro e si prepara a parare il colpo. Mi visitano e...c'è. Il mio fagiolicchio è lì che nuota tranquillo nella sua piscina privata. Scatta il ricovero e l'inevitabile distacco da Davide, il caos dell'ambulatorio lasciato alla ventura... Mi mettono nella stessa stanza di quando è nato lui... e un'infermiera gentile mi fa "si riposi signora" e lo faccio.
Cap.III i vicini invadenti
Nella stanza sono sola fino alle 20.00 circa, quando arriva un capannello di gente tutti eccitati perchè "é nata Marta"; la mamma, cesarizzata, arriva poco dopo; la piccola stanza è piena da scoppiare, non si respira. Arriva un'infermiera che caccia tutti tranne la mamma ("mò, e c'je dò, c'mang la p'ccnenn hann' vistut'") e il papà("a mà, non t'preocupà, chè quand' la port'no to mando a f'tgrafia").
Perchè se lei è barese, lui è salernitano. Lei ha tre fratelli, lui cinque. Immagginatevi il caos. Riporto le seguenti perle di saggezza che hanno contribuito non poco ad alleviare il mio sogiorno al policlinico di bari.
"jé bell' a p'cc'nunn-p'cc'nun-p'cc'nunn della zì Graziell"
"u llatt' non scenn'che facst' u cesareo...mo c'hai sol'l'acqua i'nto minn"
"Rossà, dici al Dottò c'à tjà da la bott'ja d'acq' e zucchero, che la p'cc'nenn altrment si secca.."
E via dicendo.
Sono stati chiassosi, un pò invadenti e anche , posso dirlo?, un pò puzzoni. Ma gentili.
"St'a tranguì, che io ne ho fatt'cingue e perdevo sang'come se avessi le cose mie"
Io ero sola, per scelta, perchè non volevo vedere o sentire nessuno, perchè sapevo cosa avrebbero detto.
"...e chè tu ti strapazzi troppo.. sei deboluccia...mangi poco... non ti sai regolare..." No, non volevo sentire niente. Ho sofferto per il distacco da mio figlio e ho parlato con questo nuovo nano nella pancia.
Non sono la mamma perfetta, non so stare ferma a contare i giorni che ci separano, non so sferruzzare e continuerò a lavorare perchè il bisogno me lo impone, perchè questo ambulatorio è l'unica cosa che potrò lasciarti un domani, se lo vorrai. Non so misurare le mie forze, e sono sola. Sola perchè tuo padre lavora tanto, sola perchè i nonni sono lontani, e gli altri non riescono a sbottonarsi più di tanto, o forse sono io, che me la devo cavare come ho sempre fatto. Ma io ti amo; disperatamente, indiscutibilmente, nella tua unicità di piccolo fagiolicchio natante, di causa delle mie nausee, di promessa di vagiti e ciucciate. Non te lo dimenticare mai.
Ieri sono tornata a casa, carica di raccomandazioni tra cui regna sovrana "NON STANCARTI", e ho tovato un nano che sa soffiare le bolle di sapone e contare fino a tre.
Adesso sono in studio, seduta e senza camice, a rispondere al telefono e a dirottare le visite in modo che le possa fare il TU.
Cercherò di essere brava...promesso.
Cap. I:
Sabato mattina partiamo alla volta di Roma io, il nano, il Tu e nonnippo. Siamo carichi come il circo di Moira Orfei e totalmente privi del suo pachidermico entusiasmo.
Il tempo è bello, arriviamo in sole 6 ore. Ci accolgono gli zii Architetti, la zia Pulce e Nonna in blue jeans, che rapisce il nano e della figlia gravida se ne frega altamente. Serata a Trastevere, in localino tipico dove la nausea mi divora, il nano sclera e il Tu annuncia la lieta novella al resto del mondo (e per fortuna nessuno ha pensato che fosse uno scherzo). Torniamo a casa.
Ore 5.30. Mi sveglio: scappo in bagno e...come dire? converso con lui per mezzora. Poi lo sento arrivare.. lento, freddo... riesco a cacciare un "Mamma, chiama il Tu..." prima di stendermi tra wc e bidet(!!). Mi riprende mamma e mi fa "ma perchè non sei a letto?" e io la sbatto fuori dal bagno, ri"converso col wc" e faccio quattro passi..."CHIAMA IL TU" e risvengo. Mi ritrovo sul letto, vicino al nano che russa, pallida come un morto e fredda di conseguenza. Poi arriva un sonno benefico e ristoratore e io, riconoscente, crollo.
Domenica di Pasqua piove piove e piove, distruggendo i fantasctici sogni di bioparchi, caravaggi et similia. Io mangiuchio metà del pranzo, e dopo due ore lo "gomito" assieme alla cena della sera prima, alla colazione e a un pezzettino di cioccolata che mi ha infilato in bocca il Nano. Arriva la sera che sono una larva... e giustamente la famiglia fa "USCIAMOCHENONPIOVEPIU?" e allora via a vedere piazza Navona, Piazza di Spagna e la fontana di Trevi (che non vorrei dire, sono le tre cose che uno che è venuta a Roma già tre volte ha sicuramnete visto). Accecata dalla fame, mi concedo una brioche triste e vuota, in un universo di pizzette, gelati e dolcini. Fa un freddo boia e il nano si becca un bel raffreddore. Poi è solo il sonno.
Lunedì di Pasquetta: si torna a casa, non senza aver fatto un altro giro in macchina della città eterna. Nel viaggio di ritorno facciamo quattro cinque soste-deviazioni, con un nano che tossisce disperato in sottofondo. Arriviamo a Bari. Grazie a Dio la vacanza romana è finita.
Cap.II. Paura
Mi sveglio. Mi sento stanca, strana, ho la testa pesante e sono sudata. Bofonchio al Tu "caffè" perchè non ho la forza di alzarmi. Nonna in blue jeans prende il nano e gli da il biberon...e poi è il panico. Scosto il lenzuolo e vedo una macchia scura, rossa che prende il mio pigiama e le mie gambe.
La mia faccia non fa una piega. "Mamma chiama il Tu, per favore"
Lui arriva, e io sono già mezza vestita con un pigiama pulito in mano e gli indico il letto con la mano libera. Voliamo in ospedale. Non grido, non mi faccio prendere dal panico, ma ho quella lucidità estrema di chi sa che potrebbe ricevere una mazzata da un momento all'altro e si prepara a parare il colpo. Mi visitano e...c'è. Il mio fagiolicchio è lì che nuota tranquillo nella sua piscina privata. Scatta il ricovero e l'inevitabile distacco da Davide, il caos dell'ambulatorio lasciato alla ventura... Mi mettono nella stessa stanza di quando è nato lui... e un'infermiera gentile mi fa "si riposi signora" e lo faccio.
Cap.III i vicini invadenti
Nella stanza sono sola fino alle 20.00 circa, quando arriva un capannello di gente tutti eccitati perchè "é nata Marta"; la mamma, cesarizzata, arriva poco dopo; la piccola stanza è piena da scoppiare, non si respira. Arriva un'infermiera che caccia tutti tranne la mamma ("mò, e c'je dò, c'mang la p'ccnenn hann' vistut'") e il papà("a mà, non t'preocupà, chè quand' la port'no to mando a f'tgrafia").
Perchè se lei è barese, lui è salernitano. Lei ha tre fratelli, lui cinque. Immagginatevi il caos. Riporto le seguenti perle di saggezza che hanno contribuito non poco ad alleviare il mio sogiorno al policlinico di bari.
"jé bell' a p'cc'nunn-p'cc'nun-p'cc'nunn della zì Graziell"
"u llatt' non scenn'che facst' u cesareo...mo c'hai sol'l'acqua i'nto minn"
"Rossà, dici al Dottò c'à tjà da la bott'ja d'acq' e zucchero, che la p'cc'nenn altrment si secca.."
E via dicendo.
Sono stati chiassosi, un pò invadenti e anche , posso dirlo?, un pò puzzoni. Ma gentili.
"St'a tranguì, che io ne ho fatt'cingue e perdevo sang'come se avessi le cose mie"
Io ero sola, per scelta, perchè non volevo vedere o sentire nessuno, perchè sapevo cosa avrebbero detto.
"...e chè tu ti strapazzi troppo.. sei deboluccia...mangi poco... non ti sai regolare..." No, non volevo sentire niente. Ho sofferto per il distacco da mio figlio e ho parlato con questo nuovo nano nella pancia.
Non sono la mamma perfetta, non so stare ferma a contare i giorni che ci separano, non so sferruzzare e continuerò a lavorare perchè il bisogno me lo impone, perchè questo ambulatorio è l'unica cosa che potrò lasciarti un domani, se lo vorrai. Non so misurare le mie forze, e sono sola. Sola perchè tuo padre lavora tanto, sola perchè i nonni sono lontani, e gli altri non riescono a sbottonarsi più di tanto, o forse sono io, che me la devo cavare come ho sempre fatto. Ma io ti amo; disperatamente, indiscutibilmente, nella tua unicità di piccolo fagiolicchio natante, di causa delle mie nausee, di promessa di vagiti e ciucciate. Non te lo dimenticare mai.
Ieri sono tornata a casa, carica di raccomandazioni tra cui regna sovrana "NON STANCARTI", e ho tovato un nano che sa soffiare le bolle di sapone e contare fino a tre.
Adesso sono in studio, seduta e senza camice, a rispondere al telefono e a dirottare le visite in modo che le possa fare il TU.
Cercherò di essere brava...promesso.
Commenti
vedrai che tutto d'ora in poi andrà bene, anzi benone...io sono rimasta ferita da chi diceva 'ti sei strapazzata ti sei stancata non ti sei riguardata', come se fossi andata a spaccare pietre o a fare il lancio del peso...vivevo solo la mia vita, e la viveo anche per chi stava nella mia pancia.
Non si è malate quando si è incinta,si è solo in attesa di dare la vita a qualcuno che amiamo già. E già facciamo del nostro meglio per lui.
Non hai bisogno di prometterlo, lo sei già 'brava'.
Ti stringo
Giulia
sono contenta che tu ora stia meglio...
per favore... non stancarti!...
ricordati di quella paura x costringerti a rallentare un pò.. basta solo un pò..
in bocca al lupo!!
comprendo bene la paura, e il sollievo provato quando in ospedale ti hanno confermato che era ancora e sempre lì, il tuo fagliolino..
non ti fermare, ma coccolati di più..
bacio,
pina
Un grosso i bocca al lupo
Un abbraccione